E se improvvisamente decidessi di indossare il “tight”?

Sono un omone di oltre 110 kg, abituato a mangiare tutto quello che mi pare, sedentario e poco incline ai sacrifici che comportano una dieta corretta. Se adesso qualcuno mi chiedesse di indossare il “tight” come reagirei?

Il 5 gennaio sono state rese pubbliche le minute dell’ultima riunione della FED. Da queste emerge che l’atteggiamento della Banca Centrale statunitense sarà molto più aggressivo di quanto sembrasse: la Fed sta intraprendendo una prima fase di “Policy Tightening”, ovvero una stretta della politica monetaria per ritornare a una situazione di stabilità dei prezzi più consona al suo mandato.  

Tornando all’incipit dell’articolo, ovvero su come io reagirei se mi chiedessero di avere una vita più sana e moderata, la risposta mi risulterebbe meno semplice di quanto potrebbe sembrare, anzi, sarebbe complessa: reagirei prima male, ma poi a poco a poco mi convincerei che i sacrifici che dovrei fare per indossare il mio “tight” sarebbero per una causa valida, anzi, quasi obbligata e necessaria per una vita migliore. Se dovessi invece continuare a rimediare ai miei vizi semplicemente aumentando la taglia dei miei vestiti o ampliando i miei ausili artificiali per conseguire gli obbiettivi, andrei incontro a dei problemi seri.    

I mercati azionari stanno vivendo in questi giorni una tripla minaccia:

  1. Tapering (diminuzione rapida di acquisti FED di obbligazioni sul mercato secondario)
  2. Aumento tassi FED
  3. Balance Sheet Reduction (la Fed vende quello che ha in pancia)

Non ho voglia di dilungarmi sul perché questi tre punti siano poco influenti sulle valutazioni dei mercati nel medio/lungo periodo: quello che conta è la valutazione dei sottostanti agli indici, ovvero la capacità delle azioni di generare profitti oggi e nel futuro, valutazione che è indubbiamente influenzata dalle variabili esterne, quali i rendimenti delle obbligazioni o i tassi d’interesse, ma che tuttavia è vincolata all’andamento della Società quotata e quindi alla sua capacità di generare profitti e/o di rivalutarsi nel tempo per via delle prospettive  della sua attività di business.   

Inizialmente gli indici azionari non gradiscono la sospensione delle cure artificiali, preferiscono essere sorretti dalle medicine, dagli integratori e da qualsiasi alchimia atta a sopperire le difficoltà dell’economia reale. 

Così come per me sarebbe più comodo comprarmi vestiti di taglia superiore o rimanere inerte difronte alle difficoltà di una vita non sana, allo stesso modo le economie dovrebbero anelare ad una normalizzazione delle politiche straordinarie sorrette soltanto da un indebitamento sempre più importante e al limite di controlli.      

Oggi fare previsioni sul futuro dei mercati azionari è sempre più complesso solo per un motivo: i mercati sono sempre più efficienti!
L’unica previsione seria che mi sento di fare è che nel 2022 i mercati saranno più coerenti con i valori fondamentali dell’economia: se l’economia andrà meglio delle aspettative allora i mercati continueranno a crescere, se no, i essi subiranno delle perdite!
In buona sostanza si recupererà (in parte) quel grosso scollamento sussistente  tra economia finanziarie ed economia reale.

Non pensiamo che tapering e normalizzazione dei tassi siano un flagello per i mercati, anzi, sono paradossalmente azioni che, pur essendo d’impatto non gradite, potrebbero risultare strutturalmente necessarie per far perdurare la fase rialzista in cui ci troviamo.

Ricordiamoci che l’utilità marginale delle politiche accomodanti è decrescente!

Un nuovo passo indietro da parte delle banche centrali verso un ripristino delle politiche super-accomodanti potrebbe adesso essere poco gradito.  

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