Il focus sulla ricerca - Goldman Sachs taglia le stime 2024 sul petrolio Brent: range visto tra 70 e 90 dollari

Nell’ultimo periodo si è assistito ad una forte debolezza del petrolio, il cui motivo principale secondo Goldman Sachs risiede nel fatto che le scorte visibili di ottobre e novembre si sono mosse lateralmente mentre le aspettative erano per un deficit. Gli analisti prevedono ora che il mercato abbia visto un surplus a ottobre e novembre, con i ritmi di offerta in crescita da parte di USA e Russia e la debolezza della domanda mediorientale.


Fonte: ricerca Goldman Sachs

L’output statunitense è la causa che ha portato gli esperti a modificare di 10 dollari il range previsto per i prezzi del Brent nel 2024, portandolo da 80-100 dollari a 70-90 dollari al barile e rafforzando il trend che ha visto una crescente offerta al di fuori dei Paesi OPEC.


Fonte: ricerca Goldman Sachs

Sul fronte della domanda, GS prevede un incremento di 1,5 milioni di barili al giorno il prossimo anno grazie alle attese di crescita sul PIL e l’aumento della richiesta da parte dei mercati emergenti. In dettaglio le attese degli analisti sono per una ripartenza del Brent fino a 85 dollari entro giugno 2024 con una media di 81/80 dollari tra il 2024 e il 2025 (ben inferiore rispetto ai 92 dollari precedenti).


Fonte: ricerca Goldman Sachs

È da segnalare che il rialzo delle quotazioni è limitato in gran parte degli scenari a causa dell’alta capacità di inutilizzata da 6 milioni di barili al giorno. Questa consente all’OPEC di gestire gli shock da inasprimento, evitando prezzi troppo elevati. Ciò a meno di eventuali elementi che ne impediscono l’utilizzo: uno scenario di coda in cui l’OPEC non compensi le interruzioni dell’offerta e dove il petrolio offra una copertura significativa non è da escludere.


Fonte: ricerca Goldman Sachs

A limitare eventuali crolli ci sono invece tre elementi:

  1. Il primo è relativo all’alta probabilità che i tagli dell’OPEC restino in piedi, visto che permangono gli incentivi ad evitare l’accumulo di scorte;
  2. Il secondo riguarda il fatto che l’inflazione core sequenziale sia tornata al target e l’ipotesi di un soft landing e di allentamento delle condizioni finanziarie che dovrebbero creare un floor per la domanda;
  3. Il terzo motivo è relativo al fatto che i prezzi bassi vengono fatti salire dal riempimento delle scorte strategiche cinesi e statunitensi, dall’offerta USA e dalla domanda dei raffinatori sensibili ai prezzi. In particolare è interessante sottolineare che gli Stati Uniti inizino a rifornire le riserve intorno a 84 dollari al barile, la Cina intorno a 85 dollari e i produttori USA del permiano hanno un breakeven tra 67 e 79 dollari. 


Fonte: ricerca Goldman Sachs

È inoltre ritenuto poco probabile che l’Arabia Saudita inizi una guerra dei prezzi nel 2024 per due ragioni. La prima è relativa al fatto che i tagli annunciati riescano a sostenere i profitti sauditi, con l’aumento dei prezzi che supera il colpo sui volumi se la compliance non diminuisce e la risposta dell’offerta USA è moderata. In particolare, mantenere il taglio da 500mila barili al giorno rispetto al pacchetto da 1,7 milioni di barili annunciato ad aprile sostiene i ricavi sauditi; mantenere il taglio da 1 milione nei confronti del pacchetto OPEC+ da 2,2 milioni di barili di giugno e novembre ha solo un effetto modesto sui ricavi.


Fonte: ricerca Goldman Sachs

La riduzione di aprile è quindi più profittevole per l’Arabia visto che c’è una sua quota inferiore nei tagli. Infine, i ricavi potrebbero scendere se la compliance scende significativamente o se l’offerta USA sale in modo deciso. La seconda motivazione riguarda il fatto che gli incentivi economici dell’Arabia Saudita nell’iniziare una guerra dei prezzi nel 2024 siano inferiori rispetto al 1985 e al 2014-2016.

L’outlook sull’offerta OPEC+ è per una produzione lower for longer. In particolare Goldman Sachs si aspetta che il taglio da 1,7 milioni di barili venga esteso almeno fino a dicembre 2025; quello di giugno/novembre venga ridotto parzialmente da giugno 2024 e implementato con un tasso di compliance marginale del 100% per Arabia Saudita, Kuwait, Algeria e Oman, 65% per gli Emirati Arabi e del 50% per Russia e Iraq. La produzione saudita rimarrà invece relativamente bassa, ma sopra i 9,7 milioni di barili al giorno entro novembre 2024 visto che la crescita della domanda supererà il rallentamento dell’offerta dei Paesi non-OPEC.

Fonte: ricerca Goldman Sachs


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