Il focus sulla ricerca - Ecco perché la crisi immobiliare cinese potrebbe trascinare il petrolio a 55 dollari: il ruolo del deflatore di efficienza

Per BCA Research la Cina potrebbe creare dei problemi nel 2024. Il settore immobiliare cinese presenta ancora valutazioni estremamente elevate, si pensi infatti che vale 100mila miliardi di dollari, circa 6 volte il PIL del Paese. Oltre a questo, presenta un ratio tra prezzi e affitti di 75, superiore ai picchi raggiunti nelle bolle di Giappone, Spagna e Australia. La differenza tra questi Paesi tuttavia è relativa al fatto che le economie avanzate presentano reti di sicurezza sociale, che in Cina non esistono. Questo elemento costringe le famiglie cinesi ad avere un elevato tasso di risparmio, il quale confluisce nell’immobiliare per via della convinzione che sia il modo più sicuro per investire il proprio denaro (ci sono 130 milioni di case vuote, in gran parte in ottica di investimento).


Fonte: ricerca BCA Research

Gli analisti notano che la rete di sicurezza sociale della Cina è rappresentata dalla bolla immobiliare. Cosa significa? Che se i prezzi dovessero scendere si potrebbero innescare disordini sociali. L’economia cinese può però permettere che l’aggiustamento del mercato non arrivi da un crollo nei prezzi, ma da una riduzione dello sviluppo immobiliare e dell’attività di costruzione. Di conseguenza, ci saranno ripercussioni a livello economico globale, visto che non ci sarà più il sostegno dell’edilizia e delle costruzioni di infrastrutture cinesi.


Fonte: ricerca BCA Research

Molto interessante guardare ai dati per capire questo fenomeno: del 2,6% di crescita dell’economia mondiale degli ultimi 10 anni, 1,1 punti percentuali arrivavano dalla Cina, 0,6 da USA e 0,2 dall’Europa. Gli analisti ritengono che senza il supporto delle costruzioni, l’apporto scenderà allo 0,5%. Considerando che le altre aree del mondo sono ancora troppo poco sviluppate per compensare il mancato apporto, non è possibile riuscire a mantenere il tasso di crescita del 3%.


Fonte: ricerca BCA Research

Le conseguenze si avranno anche sulle materie prime, la cui crescita della domanda segue quella dell’economia meno un cosiddetto “deflatore di efficienza”. Se la crescita dell’economia scende sotto quest’ultimo fattore, la richiesta si ridurrà. BCA evidenzia che il petrolio vede un deflatore di efficienza empirico a 1,6%. Se la crescita dell’economia nel 2024 fosse dello 0%, la domanda per la commodity si ridurrebbe dell’1,6% o, tradotto, -1,6 milioni di barili al giorno. Tale previsione è ben peggiore rispetto alle previsioni di diverse istituzioni che vedono un incremento di 1,5 milioni. Se ciò avvenisse, l’offerta tenterebbe di adeguarsi (ma solo in modo reattivo) e comunque non prima che le quotazioni raggiungano un nuovo minimo del ciclo, visto a 55 dollari.

Il quadro è negativo anche per il rame, il cui deflatore è di circa il 3%. In USA, con una crescita tendenziale del 2%, la domanda si è ridotta per molti anni ed è stata guidata dalle economie in rapida espansione, prima tra tutte quella cinese. Con questo ultimo fattore che sta sparendo, la richiesta di metalli industriali faticherà molto a crescere, anche se quella derivante dalla decarbonizzazione potrebbe sostituire la parte che sta scomparendo. Tuttavia, la domanda sembra destinata a sottoperformare la crescita.

Fonte: ricerca BCA Research



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