Banche centrali: ha senso tollerare un'inflazione al 3%?

Un’inflazione che fatica a raggiungere i target delle Banche centrali al 2% attestandosi al 3%-3,5% è ok? Quali sono i possibili pericoli?

Per i cosiddetti falchi della politica monetaria, accettare una crescita dei prezzi al 3% sarebbe pericoloso per le aspettative del settore privato, fragili dopo il periodo di aumenti. La mente va subito a quanto avvenuto negli anni ’70, quando gli istituti centrali hanno perso il controllo dell’inflazione. I critici evidenziano che accettare un IPC più alto servirebbe a facilitare la prossima ondata inflazionistica. 

Fonte: ricerca TS Lombard

Dario Perkins di TS Lombard sottolinea però che la narrazione delle ondate sui prezzi sia avvenuta in un unico periodo storico. In passato, ci sono stati molti più periodi in cui i prezzi hanno camminato (3%-5%), rispetto a quelli in cui hanno avuto un andamento galoppante (5%-10%). Escludendo le guerre, l’inflazione USA si è trovata per più tempo nella fascia del 3%-5% per il 25% del tempo

Spostando il focus al di fuori degli Stati Uniti, emerge come ci siano diversi altri esempi in cui c’è stato un periodo di inflazione al 3%-5% ed in cui non si è persa la stabilità dei prezzi e non si è verificata la spirale prezzi/salari. 

Fonte: ricerca TS Lombard

Visti i problemi con l’inflazione a zero dello scorso decennio, avrebbe senso tollerare un livello più alto che si abbasserà con una recessione. Per TS Lombard, un indice dei prezzi al consumo al 3% implica che i policymaker non sacrificheranno posti di lavoro sulla curva di Phillips.

Fonte: ricerca TS Lombard

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