A settembre,
l’inflazione USA si è attestata al 2,4% su base annuale, oltre le attese degli analisti censiti da Reuters al 2,3% e leggermente meno rispetto al 2,5% di agosto. La rilevazione
core, che toglie dal computo le componenti più volatili, ha
registrato un 3,3%, in crescita rispetto al consensus e al precedente 3,2%.
Le variazioni su base mensile sono dello 0,2% per il dato headline e del +0,3% per quello core, che si confrontano rispettivamente con stime al 0,1% e allo 0,2%. L’aumento della misurazione è dovuto per oltre il 75% dai costi abitativi (shelter) e dal cibo.
Guardando alle variazioni dei singoli componenti su base mensile, i prezzi dei generi alimentari sono cresciuti dello 0,4%, quelli dell’energia hanno registrato un -1,9%, quelli dei veicoli nuovi del +0,2%, quello dei veicoli usati del +0,3%, quelli dell’abbigliamento del +1,1%, quelli delle commodity sanitarie del -0,7%, quelli della componente shelter del +0,2%, quelli dei servizi di trasporto del +1,4% e quelli dei servizi sanitari del +0,7%.
Un dato positivo riguarda gli OER (owners equivalent rent) che sono cresciuti dello 0,33% m/m: si tratta della variazione più bassa da giugno.
Per il meeting del 7 novembre, le probabilità di un taglio di 25 punti base calcolate da Refinitiv sono del 90,7%. L’ipotesi di una riduzione da 50 punti base sembra tolta definitivamente dal tavolo.