Inflazione USA: ecco le attese per il dato di novembre

Domani verrà pubblicato il dato macroeconomico più importante della settimana: l’inflazione USA di novembre. Per questa misurazione, Reuters si aspetta un dato headline al 3,1% su base annuale, in leggera discesa rispetto al 3,2% di ottobre. Per quanto riguarda la rilevazione core, ossia quella depurata dagli elementi più volatili, le previsioni sono per una misurazione stabile al 4%. Le variazioni mensili sono attese rispettivamente allo 0% e allo 0,3%. Ma cosa si attendono gli analisti? 


Fonte: ricerca Bank of America 

Bank of America ritiene che il dato headline abbia registrato una piccola variazione dello 0,05% (che dovrebbe essere arrotondato allo 0%), mentre il core è previsto allo 0,32%. Su base annuale, le rilevazioni dovrebbero attestarsi rispettivamente al 3,1% e al 4,1%. Gli esperti ritengono che alla base della debolezza del dato principale ci saranno i prezzi dell’energia, che dovrebbero registrare una flessione m/m del 3,5%. Ciò aiuterà a compensare la crescita tendenziale dei prezzi dei generi alimentari e lo 0,3% della rilevazione core. Per quest’ultimo dato, saranno diverse le componenti che creeranno i presupposti per l’incremento atteso, tra cui: un aumento dei prezzi delle auto usate e degli alloggi fuori casa. Per la prima componente, la causa dovrebbe essere relativa alla crescita dei prezzi all’ingrosso ad agosto e settembre per via delle preoccupazioni dello sciopero della UAW. 

Per il secondo elemento, ci si aspetta un ritorno alla media dopo il forte calo di ottobre. In generale, Bank of America ritiene che i dati siano favorevoli al processo di disinflazione: i beni core escluse le auto usate dovrebbero scendere grazie ai segnali migliori sulla catena di approvvigionamento. Oltre a ciò l’inflazione degli affitti e degli owners’ equivalent rent è vista in discesa dello 0,4%, mentre i servizi core al netto di affitti ed OER sono stimati in salita dello 0,4% m/m, ma ciò dovrebbe essere principalmente dovuto alla crescita attesa degli affitti fuori casa. Se le previsioni si rivelassero corrette, BofA si aspetta che la Fed non taglierà i tassi fino a giugno, giudicando premature le previsioni del mercato relative a marzo. Tuttavia, quest’ultima ipotesi sarebbe possibile se i dati macro si rivelassero sostanzialmente più deboli delle attese. 



Fonte: ricerca Barclays

Barclays vede un aumento dell’inflazione headline dello 0,04%, con un 3,1% a/a. La misurazione core è invece stimata allo 0,3% su base mensile (più alto del 4% rispetto all’anno prima). La discesa dei prezzi dell’energia dovrebbe aver pesato per un -0,2% sul dato mensile, mentre i prezzi del cibo dovrebbero aver segnato un +0,1%. La componente relativa ai costi per le abitazioni (shelter) è vista in aumento dello 0,4% su base mensile. Gli alloggi fuori casa sono attesi in crescita piatta dopo il -2,5% di ottobre. I servizi di trasporto dovrebbero restare forti, specie per le categorie come l’assicurazione e le fees sui veicoli a motore che andranno a più che compensare il calo delle tariffe aeree. Un’accelerazione è vista anche sui servizi di assistenza medica e su quelli ricreativi. Barclays ritiene che il dato confermerà che le rilevazioni di ottobre abbiano esagerato le pressioni deflazionistiche. Questo potrebbe far mantenere alla Fed un atteggiamento restrittivo nel comunicato stampa dopo la riunione. Guardando al futuro, gli analisti vedono l’inflazione core al 3,8% a/a nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,6% nel 2025.

Fonti: ricerche Bank of America e Barclays

Di seguito le altre news di giornata pubblicate su FreeFinance PRO. Per riceverle in tempo reale iscriviti gratuitamente al canale Telegram.

 

Sondaggio Bloomberg su economia Eurozona: la recessione sembra inevitabile


Secondo un sondaggio Bloomberg condotto tra l’1 e il 7 dicembre, emerge come gli economisti si aspettino una recessione in Eurozona, con una contrazione del PIL del 4° trimestre del -0,1% (le stime precedenti indicavano un dato invariato). La debolezza sarà guidata dalla Germania, con una crescita del PIL per gli ultimi tre mesi dell’anno prevista al -0,2%, peggio del -0,1% previsto inizialmente. Dall’indagine emerge anche come siano state abbassate le previsioni sull’inflazione fino a settembre 2024, che tuttavia continuerà a rimanere sopra il target del 2% atteso dalla BCE.
Fonte: Bloomberg

USA: ecco perché prestare attenzione alle aste di titoli di Stato


Nell’ultimo periodo, le aste di titoli di Stato USA sono state monitorate con sempre più attenzione dal mercato. Questo perché non si è più così sicuri che tutto l’ammontare di debito emesso dal Tesoro verrà comprato dagli investitori. Un esempio recente è relativo all’ultima asta dei titoli a 30 anni, accolta in modo freddo dal mercato, con un rendimento più alto rispetto agli standard storici (cosiddetta “tail”). Ciò ha provocato una serie di incertezza anche altre asset class: questo potrebbe succedere nuovamente se la domanda restasse debole, provocando un aumento del costo dei prestiti pubblici e un danno per l’economia.

La richiesta è considerata debole quando il Tesoro è costretto ad offrire rendimenti molto più alti di quelli attesi o quando i primary dealer (le banche che possono negoziare con la Fed) devono acquistare a piene mani. Se invece i rendimenti sono sotto le aspettative, il mercato è incoraggiato dalla domanda forte. In realtà, il problema non è tanto trovare acquirenti ma il rendimento che questi chiedono per acquistare. In questo quadro, sta diminuendo l’entusiasmo per i bond a più lunga scadenza, con il Dipartimento del Tesoro che ha deciso di venderne meno dopo che i rendimenti a lungo sono saliti oltre il 5%. È stato quindi deciso di aumentare le emissioni dei titoli a breve scadenza, facendole arrivare a livelli che tipicamente si vedono in periodi recessivi o di esigenze straordinarie (si tratta di metà di tutti i collocamenti).

A fine novembre, i T-Bills rappresentavano il 21,6% del debito complessivo (contro un range raccomandato del 15%-20%). Il Governo USA si trova davanti a due strade: la prima è relativa all’emissione di debito a lungo termine bloccando i costi di finanziamento per qualche anno, mentre la seconda riguarda il collocamento di obbligazioni a breve termine favorendo l’assunzione di rischi da parte del mercato. Al momento è la seconda opzione a vincere. Questo potrebbe però complicare il lavoro della Fed. C’è anche da dire che vendere T-Bills è stato un modo per impiegare la liquidità dei fondi del mercato monetario: si pensi che si è passati da 2.200 miliardi di dollari depositati presso la Fed a meno di 1.000 miliardi, con i fondi che hanno prelevato per acquistare i titoli con rendimento più alto offerti dagli Stati Uniti. Le scorte ora stanno finendo e la continua emissione di bills non è una soluzione di lungo termine e anzi, se continuasse, potrebbe indicare che il Tesoro teme che il mercato non riesca ad assorbire l’emissione creando problemi di fiducia.

Fonte: Wall Street Journal

Petrolio: per mantenere l’equilibrio l’OPEC+ dovrà mantenere i tagli in piedi per tutto il 2024


Per Citigroup, al fine di mantenere gli equilibri sul mercato petrolifero l’OPEC+ dovrà mantenere i tagli decisi recentemente (https://t.me/freefinancepro/1969) per tutto il 2024. In questo modo, sarà possibile mantenere le quotazioni tra i 70 e gli 80 dollari al barile. 
 

USA: atteso un numero di viaggiatori record per le vacanze di fine anno


Secondo l’American Automobile Association, tra il 23 dicembre e il 1° gennaio in USA ci saranno 7,5 milioni di persone che prenderanno un volo: il record dal 2000, quando la società ha iniziato a raccogliere i dati. Le attese superano anche il precedente top storico segnato nel 2019 a 7,3 milioni. In questo quadro, i viaggi su strada dovrebbero vedere muoversi 104 milioni di automobilisti. L’AAA evidenzia che il numero totale di viaggiatori sarà 115 milioni, il secondo più alto di sempre.
 

USA: scendono le aspettative di inflazione dei consumatori a 1 anno


L’ultimo sondaggio della Fed di New York ha evidenziato che le aspettative di inflazione dei consumatori USA a 1 anno sono scese dal 3,6% al 3,4%, mentre quelle a 3 e 5 anni sono restate stabili al 3% e al 2,7%. Altri dati interessanti riguardano la probabilità media percepita di perdere il lavoro nei prossimi 12 mesi, arrivata al 13,6%. La probabilità di trovare un lavoro dopo essere rimasti disoccupati ha raggiunto un minimo a 7 mesi, arrivando al 55,2%.
 

Il principale rischio per il 2024? La geopolitica


Dall’ultimo sondaggio Natixis tra 500 investitori istituzionali è emerso come il più grande rischio per l’economia e i mercati globali per il 2024 è relativo alla geopolitica. I partecipanti al sondaggio giudicano questo pericolo peggiore degli errori delle politiche delle Banche centrali, del rallentamento della Cina o del calo dei consumi. Ad essere state menzionate sono le ambizioni geopolitiche della Cina, la frammentazione tra i Paesi BRIC e quelli occidentali e l’alleanza crescente tra Russia, Corea del Nord e Iran. Il 70% degli intervistati giudica che questo porterà ad una maggiore instabilità dell’economia. L’indagine mostra che il 72% degli intervistati ritenga che una stagione elettorale complessa in USA porterà ad un incremento della volatilità. Il 51% ritiene che la recessione sia inevitabile, mentre guardando ai lati positivi il 61% prevede che i benefici dell’IA siano superiori ai rischi.

Fonte: Bloomberg

Condividi su

Informazioni sull'autore

Ti è piaciuto l'articolo ?

Non perderti neanche un contenuto, iscriviti subito alla newsletter gratuita di FreeFinance!

ISCRIVITI SUBITO