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News di politica monetaria: BCE
- Luis de Guindos, Vicepresidente della BCE, ha detto che la crescita economica dell’Eurozona rimarrà debole nel breve termine per via dell’indebolimento dei servizi e del mercato del lavoro. Oltre a ciò è probabile che l’inflazione torni a salire nei prossimi mesi, anche se la tendenza alla disinflazione rimarrà in piedi nel medio termine. Tra le maggiori fonti di incertezza vi sono i prezzi dell’energia, le tensioni geopolitiche e l’impatto delle misure fiscali. Sul fronte dei tassi, de Guindos ha rimandato alle maggiori informazioni che saranno disponibili a dicembre. È stato infine ribadito che, se mantenuto abbastanza a lungo, l’attuale livello del costo del denaro svolgerà un ruolo sostanziale nel ridurre i prezzi.
- Mario Centeno, Presidente della Banca centrale portoghese, ha espresso preoccupazioni in merito alle possibilità di soft landing dell’economia dell’Eurozona vista la mancanza di crescita degli ultimi trimestri. Ciò contribuirà comunque a far scendere l’inflazione, anche se la convergenza verso il target del 2% sarà più lenta rispetto a prima. Infine, Centeno ritiene che la BCE debba ridurre il suo bilancio e non vede motivi per accelerare l’APP.
- Francois Villeroy de Galhau, Presidente della Bank of France, ha detto che il rallentamento dell’inflazione ha “pienamente giustificato” la decisione della BCE di mettere in pausa gli aumenti dei tassi. Villeroy ha ribadito di essere fiducioso che i prezzi torneranno al target entro il 2025, ma l’istituto centrale dovrà mantenere il costo del denaro fermo per un periodo proporzionato alla piena trasmissione.
- Robert Holzmann, Presidente della Banca centrale austriaca, ha detto che la BCE non taglierà i tassi di interesse nel 2° trimestre 2024, definendo premature le attese del mercato. In realtà, Holzmann ritiene che non sia da escludere neanche una prosecuzione del ciclo dei rialzi viste le incertezze in merito alla dinamica dei salari e ai prezzi dei generi alimentari.
- Joachim Nagel, Presidente della Bundesbank, ha detto che la BCE dovrebbe ridurre l’ammontare di interesse che paga sui depositi delle banche commerciali e non escludere un altro rialzo dei tassi visto che l’inflazione è ancora troppo alta. Nagel ritiene che le banche che beneficiano dei generosi interessi da parte dell’Eurotower tendono a concedere più prestiti, complicando il lavoro dell’istituto centrale nell’abbassare l’inflazione tramite la politica monetaria. Per contrastare questo effetto, uno strumento potrebbe essere il coefficiente di riserva obbligatoria. Infine, l’esponente del board della BCE ha detto di essere ottimista in merito alla possibilità dell’Eurozona di evitare un hard landing.
- Pierre Wunsch, Presidente della Banca centrale del Belgio, ha affermato che prima di iniziare a tagliare i tassi la BCE deve essere “assolutamente certa” che l’inflazione stia tornando al target del 2%. Wunsch ritiene che ci potrebbe essere il rischio che la BCE inizi il taglio dei tassi un po’ troppo tari, anche se questo non è giudicato un grosso problema visto che l’istituto centrale può correggere rapidamente la traiettoria. Inoltre, ritiene che si dovrebbe iniziare una discussione sulla fine anticipata dei reinvestimenti del PEPP.
News di politica monetaria: Fed
- Mary Daly, Presidente della Fed di San Francisco, ha detto di non essere pronta a dire se la Banca centrale ha finito di alzare i tassi per riportare l’inflazione al 2%. Per Daly, la Federal Reserve dovrà continuare a tenere sotto controllo i dati e tenersi pronta ad agire. In tema di aumento dei rendimenti, la Governatrice della Fed di San Francisco ha affermato che questi stanno ancora pesando sull’economia nonostante la recente flessione. Tuttavia, l’istituto centrale dovrà porre l’attenzione sul tema se questo fenomeno continuasse. In una successiva intervista al Financial Times, ha detto che l’istituto centrale rischierebbe di mettere a rischio la propria credibilità se dichiarasse vittoria nella lotta all’inflazione trovandosi poi costretto ad alzare nuovamente il costo del denaro. Pur giudicando positivi gli ultimi dati economici, Daly ritiene che ulteriori ritocchi al rialzo dei tassi non possano essere esclusi vista l’incertezza sul fatto che la Fed abbia fatto abbastanza. L’esponente della Banca centrale USA ha affermato che i rischi di fare troppo e fare troppo poco sono maggiormente bilanciati e si aspetta un rallentamento della crescita economica, anche se meno significativo rispetto a quanto si attendesse in precedenza. Per quanto riguarda i tagli dei tassi, questi non avverranno per un po’. In ogni caso, l’anno prossimo il dibattito riguarderà la normalizzazione del costo del denaro. Per ponderare la politica monetaria, Daly ha detto che guarderà le aspettative di inflazione a un anno e le performance dell’economia reale.
- Thomas Barkin, Presidente della Fed di Richmond, ha detto di non essere convinto che l’inflazione sia in un percorso “agevole” per tornare al target del 2%. Per Barkin, gran parte del calo è dovuta ad una parziale inversione dei picchi dell’era Covid. Sebbene i dati vadano nella direzione giusta, l’economia sembra notevolmente resistente. L’esponente del board della Fed ha evidenziato che le imprese non abbasseranno i prezzi fino a che non saranno costrette a farlo: ciò probabilmente richiederà un rallentamento dell’economia.
- Austan Goolsbee, Presidente della Fed di Chicago, ha detto che gli ultimi dati sull’inflazione USA sono positivi, anche se la strada per il ritorno al 2% è ancora lunga. Secondo Goolsbee, per avere ulteriori progressi positivi sul dato si dovrà vedere cosa avviene sull’inflazione abitativa. Per via delle numerose incertezze sulle prospettive economiche, il Governatore della Federal Reserve di Chicago ritiene che i funzionari debbano concentrarsi sulle rilevazioni relative ai prezzi. Successivamente, ha dichiarato che la Federal Reserve farà tutto il necessario per riportare l’indice dei prezzi al consumo al 2%, anche se il dato sembra già essere sulla buona strada. Per Goolsbee, sarà da monitorare con attenzione l’inflazione sui prezzi delle case.
- Lisa Cook, esponente del board della Fed, ha detto che la Banca centrale dovrà stare attenta al rischio di stringere troppo la politica monetaria, ma anche a quello di fare troppo poco. Cook ritiene che il soft landing sia ancora una possibilità, anche se c’è il rischio che la crescita e la spesa dei consumatori rallentino il processo di disinflazione mantenendo economia e mercato del lavoro in tensione. Comunque bisogna anche tener conto dei progressi, come un maggior numero di lavoratori entrati a far parte della forza lavoro soddisfacendo parte della domanda. Oltre a ciò la funzionaria della Federal Reserve ha notato che si sono segnali di potenziale stress, con le famiglie a basso reddito che hanno abbondantemente i risparmi e le piccole imprese che devono affrontare condizioni più rigide di credito. Un altro elemento da considerare è il fatto che altre Banche stiano restringendo la politica monetaria, elemento che potrebbe portarle a fare “un po’ meno” per via degli effetti di spillover. Infine, Cook ha detto di essere attenta al pericolo di nuovi shock economici globali.
- Loretta Mester, Presidente della Fed di Cleveland, ha affermato che ci vorrà del tempo prima che l’inflazione torni al 2%. Mester ha evidenziato che se l’economia si dovesse evolvere in modo diverso rispetto al previsto, la Federal Reserve dovrà rispondere in modo appropriato per realizzare entrambe le parti del suo mandato.
- Reuters riporta che i tre esponenti più recenti della Fed, tra cui il Vicepresidente Philip Jefferson (gli altri sono Cook e Kugler), hanno scritto in una lettera al Senatore repubblicano Rick Scott che non è chiaro quanto si protrarrà il processo di riduzione del bilancio, con la dimensione che dipenderà dalla domanda del pubblico per le passività della Federal Reserve. Nella lettera si legge che le dimensioni del bilancio potrebbero ridursi considerevolmente prima di raggiungere un livello coerente con il quadro operativo ampio delle riserve.
- Susan Collins, Presidente della Fed di Boston, ha detto che l’istituto centrale statunitense non dovrebbe escludere un altro incremento del costo del denaro. Collins ha detto di vedere diversi segnali positivi in merito al fatto che i tassi restrittivi stiano riallineando la domanda e l’offerta nell’economia, anche se è stato evidenziato il recente calo dei rendimenti a lungo termine. L’esponente del board della Fed ha predicato prudenza, in quanto i dati presentano del rumore di fondo e risultano disomogenei.
Altre news finanziarie ed economiche
- Nella serata dello scorso 10 novembre Moody’s ha tagliato l’outlook sugli USA da Aaa “stabile” ad Aaa “negativo”. Per l’agenzia, è probabile che i deficit fiscali restino ampi “indebolendo in modo significativo l’accessibilità del debito”, specie se si considera che ciò avviene con tassi di interesse alti, senza misure di abbassamento della spesa o di aumento delle entrate. Moody’s ritiene che la sostenibilità del debito continuerà ad essere un problema per gli Stati Uniti nei prossimi anni. Inoltre, l’abbassamento dell’outlook copre tutti i rischi legati ad un altro shutdown. Secondo le previsioni, il pagamento degli interessi federali comparato alle entrate e al PIL sarà di rispettivamente il 26% e il 4,5% entro il 2033, ben oltre il 9,7% e l’1,9% del 2022. Le stime riguardano l’ipotesi di tassi alti più a lungo e di un rendimento del decennale che raggiungerà il picco del 4,5% nel 2024. Ricordiamo che tra le principali agenzie di rating, Moody’s è l’unica che mantiene il suo merito di credito più alto per gli USA.
- Nel suo report mensile, l’OPEC ha sottolineato che i fondamentali del mercato petrolifero rimangono solidi e che il recente calo dei prezzi è attribuibile agli speculatori. Tra i motivi che forniscono positività ci sono le forti importazioni cinesi, i minori rischi per la crescita economica e un mercato fisico solido. Il Cartello ha anche alzato le stime di crescita della domanda globale a 2,46 milioni di barili al giorno nel 2023 (20mila in più rispetto alle precedenti attese), mentre per il 2024 le previsioni sono invariate a 2,25 milioni di barili al giorno. Sul fronte dell’output, a ottobre la produzione è aumentata grazie agli incrementi di Iran, Angola e Nigeria.
- Bloomberg riporta che la People’s Bank of China intenderebbe fornire almeno 1.000 miliardi di yuan in finanziamenti a basso costo per i programmi di ristrutturazione dei villaggi urbani e per quelli di edilizia accessibile. I fondi verrebbero iniettati nel sistema a fasi e alla fine arriverebbero alle famiglie per l’acquisto di case. Il Governo potrebbe fare l’annuncio già a novembre.
- L’International Energy Agency ha detto che nel trimestre in corso il mercato petrolifero globale sarà meno rigido di quanto atteso in precedenza. L’IEA si aspetta che nel 4° trimestre permanga un deficit di offerta, ma sarà di circa 900mila barili al giorno, il 30% in meno di quanto stimato in precedenza. L’Agenzia ritiene che la domanda aumenterà quest’anno di 2,4 milioni di barili (più di quanto atteso a ottobre), arrivando ad una media di 102 milioni di barili al giorno. La causa principale dell’incremento risiede nel consumo record della Cina, che rappresenterà circa il 75% dell’aumento. Inoltre è previsto un surplus dell’offerta nella prima metà del 2024 a causa di un crollo del 60% nella crescita della domanda, a 930mila barili al giorno: meno della metà di quanto atteso dall’OPEC (undefined/1762).
- A ottobre scende più delle attese l’inflazione USA. La rilevazione headline si è attestata al 3,2% su base annuale, sotto il 3,3% stimato da Reuters e il 3,7% precedente. La variazione mensile è stata dello 0%, contro un aumento dello 0,1% previsto. La misurazione core si è attestata al 4%, anche in questo caso inferiore alle attese che vedevano un dato stabile rispetto a settembre al 4,1%. Su base mensile si è assistito ad un aumento dello 0,2% sullo 0,3% stimato. Le variazioni principali si sono viste sui prezzi dell’energia (-2,5% m/m) e su quelli delle auto usate (-0,8%) e su quelli dei servizi di trasporto (+0,8%). I costi per le abitazioni (shelter) hanno visto un +0,3% a/a: anche se in rallentamento rispetto ai mesi precedenti, questo è stato il fattore principale che ha guidato l’incremento del dato core.
- Scende l’inflazione inglese ad ottobre: la rilevazione headline si è attestata al 4,6%, sotto le stime Reuters al 4,8% a/a e al precedente 6,7%. Il dato core è stato invece pari al 5,7%, anche in questo caso inferiore al consensus al 5,8% e al precedente 6,1%. Per l’indice dei prezzi al consumo britannico, quella di oggi è la misurazione più bassa degli ultimi due anni. Oltre a ciò, la flessione di 2,1 punti percentuali è la più forte dal 1992. L’Office for National Statistics ha evidenziato che il maggior freno di questo mese è relativo ai prezzi degli alimenti e delle bevande non alcoliche.
- La Commissione Europea ha tagliato le stime di crescita per l’Eurozona per il 2023 dallo 0,8% allo 0,6% per via dell’impatto più forte del previsto dell’aumento dei tassi, dell’inflazione elevata e della debolezza della domanda esterna. La crescita dovrebbe però riprendere forza nel 4° trimestre dell’anno, con un PIL in aumento dello 0,2% su base trimestrale. Nel 2024 il dato è visto all’1,2% e nel 2025 all’1,6%. La ripresa verrà supportata dai consumi, da un mercato del lavoro più solido, da una diminuzione dell’inflazione e da una crescita salariale sostenuta. L’indice dei prezzi al consumo è visto al 3,2% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. I deficit aggregati sono attesi al 2,8% nel 2024 e al 2,7% nel 2025, in calo grazie alla riduzione dei sussidi energetici e alla loro successiva eliminazione. Un avviso è stato lanciato a Francia, Italia, Slovacchia, Malta e Belgio, che dovrebbero avere deficit superiori al 4% del PIL in entrambi gli anni. Per questi Paesi potrebbero scattare provvedimenti disciplinari.
- A ottobre, in Cina le vendite al dettaglio sono cresciute del 7,6% su base annuale, oltre il 7% atteso da Reuters e il precedente 5,5% (attenzione: si trattava di un mese positivo per i consumi, ossia quello della Golden Week che ha comunque deluso undefined). Al contempo, la produzione industriale è riuscita ad archiviare un +4,6% a/a, anche in questo caso sopra le stime al 4,4% e al 4,5% di settembre. Anche se l’obiettivo della crescita al 5% appare raggiungibile, diversi economisti si aspettano che Pechino vari nuove misure di stimolo nel 2024 al fine di stabilizzare il mercato immobiliare e migliorare il sentiment delle famiglie.
- Peggiora la situazione del mercato immobiliare cinese. A ottobre i prezzi delle nuove case in 70 città (ad esclusione di quelle sovvenzionate dallo Stato), è sceso dello 0,38% su base mensile: si tratta della peggiore contrazione da febbraio 2015. Il mercato dell’usato ha invece registrato un calo dello 0,58%, il peggiore da ottobre 2014.
- Nell’ultima settimana, in USA le richieste di sussidi di disoccupazione si sono attestate a 231mila unità, oltre le 220mila attese da Reuters e le 218mila precedenti (riviste da 218mila). Il dato è il maggiore da agosto. Nella settimana conclusa il 4 novembre invece, le richieste continue di sussidi sono state pari 1,865 milioni di unità, oltre le stime a 1,847 milioni e le precedenti 1,833 milioni (riviste da 1,834 milioni): per questa rilevazione, si tratta del valore più alto da due anni.
- A novembre, l’indice del mercato immobiliare NAHB/Wells Fargo si è attestato a 34 punti, sotto i 40 stimati da Reuters e arrivando ai minimi del 2023. Per il Capoeconomista della NAHB, Robert Dietz, i recenti dati macro indicano però un miglioramento delle condizioni per la costruzione di case nei prossimi mesi.
- Secondo quanto riporta Freddie Mac, i tassi ipotecari in USA hanno registrato la terza flessione consecutiva arrivando ai minimi da fine settembre. Nel dettaglio, il tasso medio sui mutui a tasso fisso a 30 anni è sceso dal 7,5% della scorsa settimana al 7,44%. Alcuni analisti segnalano che il calo dei rendimenti dei Treasury, che svolgono un ruolo importante nei costi di finanziamento delle case, possa favorire l’accessibilità al mercato immobiliare.