Le tasse sono bellissime!

L’amministrazione Biden è alla ricerca di risorse per finanziare i suoi imponenti piani di sostegno all’economia colpita dalla pandemia. Inoltre, grazie alla forte componente di sinistra del partito democratico, che va da Sanders a Elisabeth Warren, passando per Ocasio-Cortez, vi è il serio tentativo di introdurre normative con l’obbiettivo dichiarato di una perequazione fiscale che aumenti il gettito dalle fasce più ricche dei contribuenti.

Il presidente degli Stati Uniti avrebbe quindi in programma un aumento delle tasse sui guadagni realizzati in borsa dalle fasce più abbienti della popolazione: due settimane fa la Casa Bianca ha presentato un piano di riforma per la tassazione delle imprese multinazionali. L’aliquota sui profitti realizzati in patria è stata alzata dal 21 al 28%. Inoltre, Washington ha proposto l’introduzione di un’aliquota minima globale del 21% sui guadagni delle grandi aziende realizzati all’estero. Una misura che avrebbe l’effetto di limitare sensibilmente il ricorso ai paradisi fiscali.

Per arrivare al punto, Biden sta assecondando quella forte corrente progressista all’interno del Partito Democratico Americano che si ispira esplicitamente alla tradizione socialdemocratica Europea: l’American Family Plan, il piano famiglia (che verrà presentato al Congresso la prossima settimana) prevede fondi per la scuola, l’ampliamento dell’assistenza sanitaria ai bambini, la riduzione per le famiglie del carico delle spese mediche e la garanzia ai lavoratori di ferie retribuite. Queste sono misure che possono apparire radicali negli Stati Uniti, ma in realtà corrispondono a una forma di welfarismo abbastanza classico da un punto vista europeo. Non voglio entrare nel merito politico di quanto sia giusto che un grande Paese come gli Stati Uniti d’America debba o meno “europeizzarsi”: il dramma covid e la necessità di soccorrere le classi soccombenti che maggiormente hanno subito la pandemia sono comunque valide ragioni per giustificare l’ampliamento della progressività delle imposizioni fiscali che graveranno sugli Stati Uniti D’America; tuttavia, se venisse compromesso quel modello americano che ha storicamente tutelato i più ricchi agevolati dal sistema fiscale per dare vita al “sogno americano” basato sul successo e i soldi, se si dovesse cominciare a “colpevolizzare” la ricchezza tramite un sistema ferocemente progressivo di tassazione che noi europei ben conosciamo, mi verrebbe difficile fare finta di nulla e pensare che gli asset azionari quotati non possano risentire di questo tentativo di instaurazione di socialismo reale a scapito del tradizionale liberismo USA.

Dopo che alle 19:00 di giovedì scorso l’agenzia Bloomberg ha reso noto che “per contribuire a pagare una serie di spese sociali che affrontano la disuguaglianza di lunga data, il presidente Joe Biden proporrà di raddoppiare l'aliquota fiscale sulle plusvalenze per i ricchi al 39,6%” i listini USA sono scesi di oltre l’1%, discesa interamente recuperata il giorno seguente, anzi, di più: lo S&P 500 ha battuto il suo ennesimo record storico toccando, poco prima della chiusura, la quota di 4194,17. Può darsi che il processo di aumento della progressività delle imposizioni fiscali richieda molto tempo prima di diventare effettivo, ma al momento sembra comunque snobbato dai mercati.

Come disse una quindicina di anni fa il ministro Padoa-Schioppa: “le tasse sono bellissime!”. Magari anche gli operatori di Wall Street hanno rivalutato questa esternazione del compianto ministro, non ci resta che attendere! Chissà, intanto, cosa sta pensando Arthur Laffer mentre Ronald Regan si sta rigirando nella tomba?

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