USA: per i tagli della Fed guardare al mercato del lavoro

Se fino a qualche mese fa il focus principale della Fed per la politica monetaria era relativo alle rilevazioni sull’inflazione (con l’aumento del 1° trimestre che si è rivelato solo del rumore di fondo), ora le attenzioni si sono spostate più verso il mercato del lavoro

Nelle sue dichiarazioni a Jackson Hole Powell ha affermato che i rischi sono bilanciati, ma che il board non accoglie e non cerca un altro raffreddamento del mercato del lavoro, con l’ultimo aumento del tasso di disoccupazione che è stato il “massimo sopportabile”. In questo quadro, il FOMC ha fiducia nel fatto che la pressione sui prezzi stia tornando al target, permettendo un minore grado di restrittività e lasciando spazio all’altro lato del mandato. 

Morgan Stanley sottolinea che il mercato del lavoro, come altri, è una combinazione di domanda e offerta. L’incremento della disoccupazione dai minimi è stato guidato dall’incremento di quest’ultimo fattore. Dopo il rallentamento economico innescato dalla restrizione monetaria, una parte di flessione dell’occupazione è arrivato anche da una minore richiesta. 

Powell dunque non vuole altre riduzioni della domanda e si rende quindi necessaria una riduzione del costo del denaro. Se la politica monetaria restasse in territorio restrittivo, la domanda di lavoro si contrarrebbe nuovamente aumentando le probabilità di hard landing. Ora resta da capire la velocità di riduzione. Gli analisti di MS ritengono che gli indizi portino ad uno scenario di 7 tagli da 25 punti base fino a metà 2025. 

Ci sono 5 motivi che portano a questa opinione:

  1. Il primo motivo è relativo alle aspettative di decelerazione del mercato del lavoro e non un crollo. Gli esperti ritengono che i dati che saranno pubblicati venerdì 6 settembre confermeranno la view in merito al fatto che l’economia è in rallentamento e non in recessione. Non è stimato nemmeno un grande aumento della disoccupazione. 
  2. Il secondo elemento deriva dal fatto che gli esponenti del board della Fed hanno espresso la preferenza per tagli graduali.
  3. Se ci fosse un soft landing, è probabile una correzione graduale di medio ciclo da parte della Fed, come quelle avvenute a luglio 1995 con la crisi messicana o ad agosto 2019 con l’incertezza commerciale e il rallentamento economico globale. In entrambi i casi, la Banca centrale USA ha allentato la politica per ridurre i rischi di un deterioramento del mercato del lavoro. 
  4. Il valore del tasso neutrale di disoccupazione, visto da Powell pari o inferiore al 4,3%, è incerto (le stime della Fed sul tasso di lungo periodo vanno dal 3,5% al 4,5%). Questo richiede gradualità nell’approccio per vedere le reazioni dell’economia ai tagli. 
  5. Ad essere incerto è anche il tasso di interesse neutrale, che supporta l’approccio graduale. 

Una riduzione a settembre da 25 punti base non è sicura, in quanto se i NFP fossero inferiori a 100mila unità ci sarebbe sul tavolo l’opzione dei 50 punti base. Se poi l’inflazione si rivelasse tanto bassa da far temere un approdo sotto al target, anche un’occupazione moderatamente bassa aprirebbe le porte ad un taglio più consistente. 

Fonte: ricerca Morgan Stanley

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