Il 2024 è stato un anno decisamente positivo per l’oro, con le quotazioni che al momento della scrittura hanno archiviato un rialzo di oltre il 30%.
Cosa attendersi per il 2025? Un elemento da considerare è un’escalation di tariffe a livello globale, che andrebbero a ridurre la crescita globale, aumentando l’incertezza. Uno scenario del genere è giudicato possibile al 30% secondo gli analisti di Goldman Sachs. L’annuncio delle tariffe del 2019 aveva portato ad aumenti per i corsi del metallo giallo.
Gli esperti ritengono che entro il 2025 le quotazioni dell’oro possano arrivare a 3.000 dollari l’oncia. L’obiettivo è stato ottenuto grazie al modello FIS-ical della banca, che somma la domanda fisica di oro delle istituzioni finanziarie e monetarie, degli investitori e degli speculatori.
In particolare, il driver principale della stima è la domanda più alta delle Banche centrali, che è cresciuta di 5 volte dopo il congelamento degli asset della Banca centrale russa, con le paure sulle sanzioni finanziarie e sulla sostenibilità del debito USA.
A ciò si aggiunge un fattore di natura ciclica, ossia la spinta graduale all’ETF, in un contesto in cui la Fed dovrebbe tagliare i tassi al 3,25%-3,5% entro il 3° trimestre 2024. Oltre a ciò si deve considerare la funzione di bene rifugio della materia prima, che offre una copertura dagli scenari economici negativi.
Ad esempio, se ci fosse un’escalation senza precedenti delle tensioni commerciali che portasse ad un aumento dell’incertezza con una spinta del posizionamento speculativo, si potrebbe osservare un picco del 7% oltre la stima base dei 3.000 dollari.
In un altro scenario, i corsi potrebbero salire del 5% oltre le previsioni, arrivando a 3.150 dollari. Perché ciò avvenga servirebbe un aumento delle preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale USA. Questo alzerebbe il posizionamento speculativo e i flussi di ETF. A ciò si aggiunge un potenziale aumento di acquisti di oro da parte delle Banche centrali.
Ci sono due rischi principali per questo outlook: il primo è relativo a tassi di interesse più alti, mentre il secondo riguarda un dollaro più forte delle previsioni.
Fonte: ricerca Goldman Sachs