A gallina ingorda scoppia il gozzo!

Nel settembre 1981 il titolo di Stato USA con scadenza 10 anni toccò il suo massimo storico oltrepassando il 16% di rendimento. L’inflazione in USA era vicina all’11% e l’indice S&P si trovava a 116 punti. Da quel momento è iniziato un periodo, lungo quasi 40 anni, in cui il rendimento del 10y USA è quasi sempre sceso fino all’estate del 2020, arrivando ad un minimo storico di +0,504%. In Europa, sempre nel settembre 1981, il Bund 10y superò l’11,3% di rendimento; da quel momento una costante discesa fino a marzo 2020 per arrivare al minimo assoluto (-0,909%). I nostri Btp 10y ebbero il picco dei rendimenti al 18% ed il recente minimo a +0,426%. I recenti rialzi dei rendimenti 10 anni USA, con un massimo relativo a +1,754%, lasciano presagire, se non un’inversione storica, almeno un blocco della tendenza ribassista dei rendimenti, che ha reso possibile un costante successo dei fondi obbligazionari o bilanciati che prevedevano al loro interno obbligazioni a lunga scadenza.

La preoccupazione dei detentori di obbligazioni è giustificata dai numeri: da inizio anno, infatti, il peggior asset finanziario risulta quello dei U.S. Treasuries con scadenza 20 o più anni (-14,6%), male anche le scadenze a 7-10 anni (-5,8%).

Ribadisco anche in questa nota come gli attuali rendimenti dei debiti sovrani siano ancora su dei parametri non preoccupanti; malgrado questo, l’ansia degli operatori è in vistosa crescita.

Il paradosso del momento è che nonostante questa settimana si siano ritoccati i nuovi record storici assoluti di S&P (3983,8), Dow (33227) e Xetra DAX (14804), l’umore degli investitori appaia poco sereno. Ieri sera, nel guardare su CNBC le interviste di fine settimana ai vari esperti, ho dovuto notare il broncio sui volti degli intervistati: sembrava si commentasse una settimana da tregenda perché il Dow (-0,46%), l’S&P (-0,77%), il Nasdaq (-0,79%) e il Russel (-2,75%) avevano chiuso tutti e quattro negativi la performance settimanale. Val la pena ricordare come la performance di questo inizio anno dell’Indice Russel rimanga di quasi il 16% e come anche gli altri indici citati siano ancora tutti in territorio positivo.

“A gallina ingorda scoppia il gozzo!”: questo detto lo uso per sintetizzare quell’eccesso di bramosia e avidità che hanno le persone che di carattere non sono mai contente. Molti miei contatti, evidentemente con poca esperienza, li vedo quasi traumatizzati se per una settimana le borse non crescono: brutto segno!

Durante la riunione Fed di mercoledì 17, nella quale sono emerse ottime notizie per l’economia USA, vista in rialzo nel 2021 al +6,5% (e non più 4,2%), sono mancate quelle rassicurazioni sul controllo della curva dei rendimenti che alcuni investitori speravano fossero date. Inoltre, la Federal Reserve ha annunciato venerdì che non estenderà una regola istituita durante l’era della pandemia che consentiva alle grandi banche di allentare i livelli di capitale.

La banca centrale americana ha annunciato che non rinnoverà la riduzione del coefficiente di leva finanziaria supplementare (SLR) in scadenza il 31 marzo prossimo e quindi le banche dovranno vendere obbligazioni per far rientrare la liquidità secondo i coefficienti precedenti.

Si avvicinano i tempi della ripresa e Powell deve dosare le proprie munizioni per affrontare gli eccessi di domanda aggregata previsti. Mente scrivo dalla mia zona rosso fuoco, i mercati sono già preoccupati per via di una futura ripresa eccessiva che potrebbe pregiudicare i corsi delle obbligazioni causa inflazione.

Alle galline ingorde forse conviene sperare che l’emergenza sanitaria si prolunghi per un altro po’: la liquidità verrebbe sempre garantita. Chi non è insaziabile, visto che tuttavia siamo ancora sui record storici, si alleggerisca un po’!

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