15 maggio 2021
L'inflazione annua (USA CPI-U) nel mese di aprile 2021 è risultata pari a 4,2% contro il 2,6% dello scorso mese di marzo. Sempre ad aprile l'inflazione mensile rispetto al mese precedente registra un valore uguale a 0,8%. Era dal settembre 2008 che non si vedeva un dato così rilevante. Questo dato, divulgato alle nostre 14:30 di mercoledì 12 maggio, era temuto dai mercati, in parte già anticipato dall’incerto andamento dei bond governativi, ma anche dalle borse che avevano cominciato a stornare già dall’inizio settimana. Dopo l’uscita del dato le borse hanno enfatizzato la discesa che è durata fino a metà della mattinata di giovedì. Si sono visti dei minimi importanti di tutti i principali future degli indici mondiali: S&P a 4.029, Nasdaq 100 a 12.915, Dax a 14.806 e Ftse Mib a 23.680. A partire dal fine mattinata di giovedì, abbiamo assistito alla consueta riscossa degli indici, che quasi hanno recuperato tutto il terreno perso, ed in alcuni casi (Ftse Mib, Ibex e Dax) hanno chiuso la settimana in verde!
Le reiterate affermazioni della Federal Reserve - che considerano l’aumento dei prezzi rilevato “limitato e momentaneo” - hanno contribuito al recupero degli indici. Inoltre, gli operatori considerano che il primo obiettivo della politica monetaria degli States sia la piena occupazione (ossia una disoccupazione al minimo fisiologico), seguito poi dalla stabilità dei prezzi. Se quindi l’inflazione potrebbe essere foriera di una politica monetaria meno accomodante, i brutti dati occupazionali contribuirebbero a lasciare inalterate le scelte della Fed per molto altro tempo, in considerazione dell’obiettivo primario che è la piena occupazione. Sembrerebbe però che adesso negli States si trovino ovunque cartelli che indicano una ricerca disperata di lavoratori in ristoranti, alberghi, negozi, cantieri. Ma la disoccupazione da coronavirus non cala come dovrebbe: molti continuano a incassare i generosi sussidi Covid e rinviano il rientro nel mercato del lavoro.
Ci troviamo quindi difronte a delle distorsioni evidenti rispetto al tradizionale trade-off tra disoccupazione ed inflazione (Curva di Phillips), distorsioni generate da politiche fiscali che artificialmente (sebbene con buoni propositi) hanno alterato i tradizionali meccanismi di equilibrio dei mercati che non consentirebbero mai un’elevata inflazione e contestualmente un ampio livello di disoccupazione, specie in un anno dove l’aumento del PIL potrebbe arrivare addirittura al 7%.
Ricordiamoci che Biden deve far passare un piano per le infrastrutture da 2.300 miliardi di dollari e altri 1.800 miliardi di interventi sociali (American Family Plan), quindi ulteriori indebitamenti che peseranno sulla qualità del debito pubblico e quindi sul valore dei bond sovrani, oltre ad alimentare ulteriori spinte inflattive.
A conclusione della settimana, l’indice Vix si è fermato a 18,81 con un incremento del 12,7% rispetto la chiusura dell’ultima ottava. Con l’inflazione che sale più del previsto e le Borse più nervose, Biden corre il rischio di veder trasformata la sua audacia in azzardo: un’inflazione fuori controllo sarebbe un disastro e quindi credo che Powell, così come Yellen, porranno seriamente l’attenzione su una politica monetaria che, vero che deve sostenere l’occupazione, ma che si trova anche in situazione di disoccupazione volontaria che per sua natura è attratta solo da salari più alti e che quindi annunciatrice di ulteriore inflazione.
Sebbene la “boa di sughero” possa tornare a galla, la situazione dei mercati rimane più incerta. Ulteriori miglioramenti dell’economia sono imminenti in tutto il mondo, finirà presto il periodo dei sussidi e le politiche delle Banche centrali dovranno tenerne conto, prima di quanto da loro dichiarato, molto prima!
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