Trump ha vinto: cosa succede ad azioni e bond nelle presidenze repubblicane?

Donald Trump ha ufficialmente vinto le elezioni USA. Stando alle rilevazioni attuali, il candidato repubblicano ha il controllo del Senato, mentre alla Camera mancano ancora 21 seggi per raggiungere la maggioranza del fronte rep.

I mercati sembrano brindare, con rialzi diffusi sui futures sui principali indici di Borsa USA. Utilizzando i dati Refinitiv, abbiamo osservato cosa avviene su diversi listini azionari negli anni di presidenza repubblicana. Abbiamo considerato anche i doppi mandati come un periodo di 4 anni. I listini considerati sono S&P 500 (presidenze dal 1952), NASDAQ 100 (presidenze dal 1988), Russell 2000 (presidenze dal 1980). Inoltre, abbiamo osservato cosa avviene sulle obbligazioni governative, prendendo in considerazione il rendimento del T-Note a 10 anni.

S&P 500 e presidenze repubblicane



Dei 10 mandati in cui c’è stato un Presidente repubblicano dal 1952, l’S&P ha messo a segno 7 performance positive su 10. La variazione più rilevante è quella del +92,95% del 1952-1956, con il primo mandato di Eisenhower.

In quegli anni, gli Stati Uniti beneficiarono di diversi elementi, come la crescita robusta (tra il 1945 e il 1960 il PIL USA ha registrato una crescita del 150%), il boom del reddito personale (+45% negli anni ’50), una bassa inflazione, politiche fiscali conservative, espansione industriale, consumatori forti, un controllo della spesa fiscale, boom demografico e stabilità politica. La presidenza Trump dal 2016 al 2020 ha permesso all’indice di avanzare del +57,47%.

Il periodo peggiore è stato quello di George W. Bush del 2000-2004, dove l’S&P 500 ha segnato un -21,04%. In effetti, questo lasso di tempo ha avuto diversi eventi estremamente negativi per i titoli azionari, come lo scoppio della bolla delle dot-com, gli attentati dell’11 settembre 2001 e la successiva recessione del 2001. Oltre a questo, le politiche fiscali e i tagli delle tasse implementate tra il 2001 e il 2003 non hanno generato l’effetto che si sperava, aumentando il deficit.

NASDAQ 100 e presidenze repubblicane



I dati sul NASDAQ 100 sono più limitati, ma possono comunque offrire un’idea. Delle 4 presidenze repubblicane sperimentate, l’indice tech USA ha messo a segno 2 performance positive (1988-1992 con il +87,6% e 2016-2020 con il +134,76%) e 2 negative (2000-2004 con il -54,42% e 2004-2008 con il -7,79%).

Mentre sulle variazioni negative hanno pesato le due recessioni, lo scoppio della bolla delle dot-com e gli attentati del 2001, la performance del 2016-2020 (primo mandato di Trump) è stata spinta da diversi temi come: taglio delle tasse corporate, crescita economica, deregulation, progressi tecnologici in vari ambiti (dal cloud computing al 5G), forte domanda dei consumatori per i prodotti tecnologici, aumento dei buyback e basso costo del capitale.

Russell 2000 e presidenze repubblicane



Uno degli elementi cardine del “Trump Trade” è l’apprezzamento delle small cap. In effetti, al momento della scrittura il future sul Russell 2000 avanza di oltre il 6%. Il motivo è che le politiche tariffarie che potenzialmente implementerà Donald Trump avvantaggeranno quelle aziende che presentano le attività e le catene di approvvigionamento negli Stati Uniti. Secondo Lazard, i componenti del listino generano circa il 90% di ricavi all’interno del territorio USA.

Ma cosa è successo in passato? Dai mandati presidenziali repubblicani dal 1980, solamente quello del 2004-2008 (George W. Bush) ha registrato una variazione negativa alla fine dei 4 anni (-6,74%). I motivi sono diversi, e potrebbero essere ricercati nella recessione e lo scoppio della crisi dei mutui subprime, che hanno portato ad una riduzione significativa dei prestiti. A ciò si è aggiunto il forte aumento dei prezzi del petrolio e la debolezza del dollaro. L’incremento delle spese militari ha drenato risorse che potevano essere utilizzate per stimolare l’economia. Gli investitori si sono spostati verso società considerate più stabili.

In generale quindi, una presidenza repubblicana supporta le small cap, probabilmente grazie al focus sull’economia domestica, alle politiche fiscali tendenzialmente favorevoli, alla deregolamentazione, le politiche giudicate più prevedibili per il business.

Treasury e presidenze repubblicane



Un risultato interessante si trova guardando al rendimento del Treasury a 10 anni, che attualmente segna un +4,05%. Storicamente, non c’è stato un mandato repubblicano dal 1980 in cui gli yield non siano scesi. Se si dovessero andare a ricercare delle ragioni, tra le altre si potrebbero menzionare le politiche fiscali di riduzione della spesa pubblica e di tagli alle tasse, che darebbero la percezione di una minore necessità di debito. I motivi però in questo caso potrebbero essere indipendenti da una presidenza repubblicana.

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