Un anno dopo

Il 19 febbraio 2020 molti indici di borsa festeggiarono nuovi record storici: lo Xetra Dax toccò 13789 punti, ritoccando i precedenti massimi del gennaio 2018, gli americani furono alle prese con i record di S&P 500, che raggiunse i 3393 punti e Nasdaq 100 che arrivò a 9736. Il nostro Ftse Mib vide la quota di 25483, che non vedeva addirittura da ottobre 2008.

Il 20 febbraio 2020 venne individuato il Covid 19 nel Lodigiano, a Codogno, le borse recepirono il pericolo e cominciarono a scendere. Il virus progressivamente si diffuse, poi i vari lockdown e le borse che rotolarono giù per circa un mese di circa il 40%.

Oggi, un anno dopo dai massimi del 19 febbraio ’20, il Dax si trova a 13933 (+1%), lo S&P a 3906 (+15%), il Nasdaq 100 a 13580 (+39,5%). Solo l’Italia, con un indice non tecnologico e dove le banche e il titolo ENI hanno un peso importante, rimane sotto i livelli prima menzionati (-9%).

“Annus horribilis” per l’economia globale ma “Annus mirabilis” per gli asset finanziari. Non voglio soffermarmi sul perché dell’inflazione dei valori finanziari, argomento già trito e ritrito. Questa volta vorrei solo porre l’attenzione su un dato clamoroso: secondo Les Échos, lo stock di azioni e titoli di debito che finanziano l’economia Usa ha raggiunto i 100.000 miliardi di dollari (quasi sei volte il PIL USA del 2020). Circa il 70% di tali asset è rappresentato da debito (bond e cartolarizzazioni), il cui valore in circolazione è di oltre 70.000 miliardi di dollari, mentre il 30% circa è rappresentato da equity (azioni quotate + ETF). Se pensiamo che attualmente la FED detiene 7557 miliardi di asset finanziari nel suo bilancio, emerge che tale cifra sia solo il 7,5% del totale della quantità in circolazione. Faccio notare quanto sia eccessiva l’enfasi che i mercati attribuiscono alla FED nel sostenere un sistema finanziario che in realtà viene sostenuto non tanto dal denaro emesso, ma dal risparmio degli investitori globali che manterranno le proprie posizioni finché avranno dei rendimenti accettabili. Occorre però chiedersi: per quanto tempo questo modello di crescita potrà reggere ancora?

Modello che, come ho scritto più volte, favorisce lo strato più ricco della popolazione senza nessuna ripercussione sul resto delle persone. Oggi sono drasticamente cambiate le cause che determinano gli equilibri sui mercati e i processi corretti di valutazione degli asset stanno subendo uno stravolgimento. Ha ancora senso guardare i tradizionali indicatori economici? Ha ancora senso preoccuparsi perché l’indice di Warren Buffet è sui massimi storici quando è lo stesso guru di Omaha che sta comprando azioni? Vi ricordate l’antico detto che i mercati azionari sopportassero tutto, escluso l’incertezza? Detto obsoleto, perché adesso di incertezza ce ne è moltissima e i mercati se ne infischiano! Visto che sono saltate tutte le tradizionali correlazioni inverse, perché oramai è la sola liquidità che tutto domina, ha ancora senso parlare di diversificazione, rotazione ed hedging con riferimento ai modelli tradizionali? Sarà quindi favorito chi utilizzerà più velocemente gli strumenti idonei per attuare scelte d’investimento che prevederanno una diversificazione del portafoglio in relazione alle nuove mode ed a quei grandi cambiamenti che ci sono stati e che hanno stravolto le dinamiche tradizionali di valutazione degli asset.

Vi ricordo che il giorno 1 Marzo 2021 ore 17:30 si terrà il webinar "Certificati in libertà con Tony Cioli Puviani e Francesca Fossatelli". Per iscriverti, clicca qui!

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